Si chiama "Sindrome Italiana". Colpisce molte badanti dell'est che lavorano, o hanno lavorato, nel nostro paese. Fu diagnosticata, per la prima volta, nel 2005, quando due psichiatri ucraini, Andriy Kiselyov e Anatoly Faifrych riscontrarono in alcune loro pazienti, che erano state lavoratrici domestiche nel nostro paese, un quadro clinico diverso dagli altri. Le due donne presentavano sintomi che poi saranno ritrovati in tanti altri casi simili: cattivo umore, tristezza, perdita di peso, insonnia, addirittura fantasie suicide.
Si comprese allora che quel male oscuro aveva origini sociali, riconducibili al lavoro prestato in Italia, un lavoro segnato da ritmi sfiancanti, solitudine e umiliazioni. Fu pertanto coniato il termine "sindrome italiana" dal nome del paese che, nell'Europa Occidentale, ospita un numero particolarmente significativo di colf e badanti.
A soffrirne, naturalmente, non solo le donne ucraine. Ma anche moldave, rumene, polacche, cioè buona parte delle lavoratrici che si occupano dei nostri anziani e dei nostri cari non autosufficienti. Addirittura è stato stimato che tale patologia colpisce quasi il 25% di queste lavoratrici "invisibili", spesso private di quel calore, di quel lavoro di comunità e di quel riconoscimento sociale che agevolerebbe il loro pieno inserimento nella società, scacciandone i demoni della depressione.