Sono circa 400 mila i giovani stranieri che non studiano né lavorano. Il
fenomeno dei cosiddetti Neet (not in employment, education and training), coinvolge sempre di più anche i figli di cittadini immigrati. Allo stesso
tempo tra gli stranieri sono in aumento gli inattivi (+77mila unità tra il 2012
e il 2013) soprattutto tra gli extracomunitari.
A rivelarlo è il IV rapporto
annuale 2014 “Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia” realizzato dal
ministero del Lavoro e delle politiche sociali e presentato oggi a Roma.
Dallo studio emerge che nel 2013 sono 385.179 i giovani stranieri tra
i 15 e 29 anni che non studiano né cercano lavoro, ovvero il 15,8% dell’intera
popolazione considerata. Il fenomeno coinvolge in particolare le
ragazze, sia nel caso dei cittadini Ue che extra Ue, al contrario di quello
che accade tra i ragazzi italiani.
Le donne Neet sono infatti il 64,3 per centro tra i comunitari e il 67,3 per cento tra gli extra Ue, mentre tra i ragazzi italiani la componente femminile interessata dal fenomeno si ferma al 49,7 per cento.
Le donne Neet sono infatti il 64,3 per centro tra i comunitari e il 67,3 per cento tra gli extra Ue, mentre tra i ragazzi italiani la componente femminile interessata dal fenomeno si ferma al 49,7 per cento.
Il rapporto mette in luce che la tendenza alla segmentazione di genere è molto più evidente nel caso di alcune
specifiche comunità, come ad esempio nei casi delle cittadinanze del Marocco,
Bangladesh, India, Moldavia, Ucraina, Pakistan e Sri Lanka (Ceylon),
le donne sono i due terzi dei Neet complessivamente stimati, superano cioè il
70 per cento del totale.
“Il fenomeno dei Neet, prima considerato prerogativa degli italiani, oggi
coinvolge sempre di più gli stranieri, spiega Natale Forlani, direttore
generale Immigrazione e politiche di integrazione del ministero. In molti casi
si tratta di giovani venuti qui in seguito a ricongiungimenti familiari.
Riguarda soprattutto le ragazze, perché a incidere è soprattutto la componente
culturale, che vede le donne stare a casa e gli uomini lavorare. Un aspetto
questo su cui dovremo lavorare, e che è recuperabile soprattutto per le seconde
generazioni. Mentre è più difficile agire sulle prime”.
Il rapporto sottolinea inoltre che è in
crescita anche la popolazione straniera inattiva, che nel 2013 ha raggiunto
quota 1.275.343 (+77 mila unità su base annua). L’aumento, spiega il rapporto del
ministero ha interessato soprattutto la componente extra Ue (+52 mila), dovuta
al fenomeno dei ricongiungimenti familiari, all'aumento del numero di stranieri
di “seconda generazione” ed alle quote di ingresso non programmate di
popolazione straniera non comunitaria come i richiedenti protezione
internazionale.