8 settembre 2010

“Italiani si diventa”

La Sfida dell’identità al centro del 43° Incontro Nazionale di Studi delle Acli
di Antonio Russo
area.immigrazione@acli.it

Le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia ci danno l’occasione per avviare due possibili riflessioni utili ad un Paese che corre il rischio della disgregazione.

La prima, più celebrativa, con lo sguardo rivolto al passato, su ciò che storicamente ha fondato le radici dello Stato unitario; la seconda, più di prospettiva, con uno sguardo al futuro. Ragionando a caldo su queste due dimensioni, una possibile chiave interpretativa, che ci permette di cogliere un tratto distintivo della nostra vicenda nazionale, è la dinamicità.

Sebbene molte questioni nazionali, come il federalismo e quella meridionale, restino ancora aperte, è innegabile che il Paese in cui oggi viviamo, è profondamente cambiato. Se negli ultimi settanta anni di dinamismo demografico gli italiani hanno accettato e qualche volta subito una emigrazione interna ed esterna al Paese, segnata spesso dalla drammaticità degli eventi, oggi, il dinamismo demografico soggetto al fenomeno della globalizzazione, rende l’Italia un Paese d’immigrazione.
Certo, se non assistessimo giornalmente ad una levata di scudi da parte di governi e forze politiche europee ed italiane che si agitano in maniera scomposta in una gara alla “cacciata dello straniero”, assumeremmo il fenomeno migratorio come naturale. Basterebbe infatti consultare un qualunque antropologo per apprendere che tutte le società per principio sono dinamiche, predisposte cioè al cambiamento, alla contaminazione, al mescolamento.Infatti le identità di un popolo o di un gruppo etnico sono soggette non a morire o a essere annullate, ma a cambiare, ad arricchirsi vicendevolmente nel confronto e nel rapporto con altre identità. Di qui si apre una nuova e diversa prospettiva che desidereremmo venisse recuperata nel dibattito avviato nel Paese attorno al tema delle identità territoriali e della identità nazionale del popolo italiano. Se riusciremo, con uno sguardo culturale non mediato da sentimenti di parte, a comprendere quanto già avviene attorno a noi, nelle nostre città, nei nostri quartieri, nei luoghi di lavoro, nei nostri asili, nelle nostre università, nei nostri condomini e nelle nostre famiglie, forse il dibattito su come eravamo quando nacque l’Italia unita potrà aiutarci a capire meglio chi siamo oggi e come possiamo prepararci al futuro. Il 17 marzo del 2011 il nostro Paese avrà 150 anni. È certamente una data che rappresenta una tappa importante per l’Italia che consegna alle nuove generazioni il sogno di una grande democrazia mondiale. L’auspicio è che sia un’opportunità per gli italiani, nelle scuole come nei dibattiti politici e culturali, per interrogarsi sulla loro identità e magari accorgersi che essi stessi sono figli di un’identità meticcia (basti pensare alle tradizioni, ai dialetti e alle culture diverse presenti nei territori). Scavando nel nostro passato potremmo scoprire che l’Italia del 17 marzo del 1861 coltivò innanzitutto il sogno di unire le ricchezze e le povertà di un Paese che solo più avanti nella storia si sarebbe riconosciuto in un patto sociale e in una Patria.

Il 17 marzo del 1861 nasceva così un processo che avrebbe portato gli italiani a identificarsi in comuni valori e in simboli nei quali ( più o meno tutti) ci riconosciamo.

Fu il tentativo riuscito di pensare che nel cammino difficile della storia, nell’incontro di diversità e di culture,
sarebbe cresciuta l’Italia che conosciamo. Nella Repubblica e nella Costituzione scolpimmo poi le regole di un Paese democratico che riconosce il diritto universale di ogni donna, di ogni uomo, di ogni persona di poter contribuire a migliorarlo. Il centocinquantesimo sarà l’occasione per parlare di come è cresciuta l’Italia in un secolo e mezzo, ma soprattutto di come vorremo crescesse in futuro, attorno a diritti e a regole condivise e senza confini o perimetri esclusivi. Così lo spazio di definizione di una nuova patria comune si allargherà trovando le sue radici in nuovo patto etico che chiamerà a partecipare tutte le persone (italiane o straniere) che nel Paese lavorano, vivono e sognano di vederlo crescere.

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