7 settembre 2010

Incidenti domestici, colf e badanti a rischio

14/07/2010 Stefano Stimamiglio - Famiglia Cristiana

Incidenti domestici, colf e badanti a rischio
Il Censis: il 44% dei collaboratori domestici ha avuto almeno un infortunio nell'ultimo anno
E' stato presentato ieri a Roma il Rapporto Censis sul personale domestico in servizio nelle case degli italiani. Molti i dati interessanti che emergono dal Rapporto. I numeri, si sa, se correttamente interpretati, raccontano molto dell'Italia di oggi. Ecco allora che sono ben 1,5 milioni (1 milione 538 mila per la precisione) i collaboratori/collaboratrici domestiche nelle oltre 2 milioni 400 famiglie italiane (una su dieci del totale quelle che usufruiscono dei loro servizi). Un roboante +42% rispetto al 2001 (quando erano 1 milione 83 mila), segno lampante di un paese che invecchia a vista d'occhio. La maggioranza di loro (il 55,4%) è "monofamiliare", lavora cioé per una sola famiglia, mentre il 15,4% presta servizio in due famiglie, il 13,6% in tre, il 9,8% in quattro e il 5,7% in più di quattro. Il 26,5%, poi, alloggia presso la famiglia per cui lavora.

Altro dato: secondo gli esperti del Censis il 62% dei nostri "angeli custodi" lavora in nero o con un'evasione contributiva parziale. Se la regolarizzazione del settembre dell'anno scorso ha fatto emergere 300 mila lavoratori sommersi, occorre sottolineare che ben il 39,8% degli intervistati è totalmente irregolare, mentre il 22% se la cavicchia in una serie di rapporti intermittenti, a volte regolari, altre volte no. Anche questo un evidente marchio a freddo di un'Italia che, come diceva in una recente intervista a La Stampa di Torino il Presidente del Censis Giuseppe De Rita, sembra aver smarrito il senso di una morale condivisa e, si sa, evadere le tasse non è più un peccato, soprattutto se lo fanno tutti...
Un altro dato che colpisce, poi, è che ben il 44% di loro ha avuto un incidente nell'ultimo anno, il più delle volte nemmeno denunciato dalle famiglie in cui lavorano o, sempre più spesso, abitano. Come spesso capita, chi è più colpito è lo straniero (46,3% i loro infortuni contro il 39,6% dicolf e badanti italiani). Come segnala il Rapporto gli episodi più frequenti sono in ordine le bruciature (18,7% dei casi), le scivolate (16,1%), le cadute dalle scale (12,2%), le ferite provocate dall'utilizzo di coltelli (8,6%), gli strappi e le contusioni (7,6%), le intossicazioni con detergenti (4,2%), le scosse elettriche (3,6%).

Le conseguenze fisiche per il lavoratore sono le contusioni e le lussazioni (29,5% dei casi), le ferite (20,8%), le ustioni (18,8%) e le fratture (9%). Nella metà dei casi (48% per la precisione) gli infortuni sono di poco conto, mentre nel 31,5% di essi si verifica un'inabilità temporanea parziale, nel 18,2% un'inabilità totale e una permanente nell'1,7%.

Come in strada alla guida di un veicolo, così anche a casa è la distrazione la causa principale di infortunio (ben il 55,7% dei casi), l'imperizia o i comportamenti azzardati nel 18,2%, la mancata o cattiva manutenzione di oggetti e impianti nel 10,9%. Una causa su cui sarebbe opportuno riflettere è che la maggioranza degli intervistati non ha piena coscienza di quando il rischio aumenta, sia per cause interne (tipo stanchezza o malessere) o per motivi esterni (ad esempio il difettoso funzionamento degli apparecchi). Il 12,4% dei collaboratori domestici, infatti, dichiara di non preoccuparsi più di tanto della propria sicurezza.
Capitolo stipendi: la paga mensile media è di 900 euro netti, ma c'è chi guadagna meno di 600 euro (il 22,9% di colf e badanti per la precisione), da 600 a 800 euro (il 20,2%), tra 800 e 1.000 euro (il 24,5%). Il 32,4% invece vede la sua busta paga superare i fatidici 1.000 euro e il 14,6% guadagna più di 1.200 euro.
In definitiva, il welfare «fai da te», come lo chiama il Censis, prospera e diventa il «sostegno indispensabile per una popolazione che invecchia, ma anche componente sempre più integrata del nucleo familiare» e il collaboratore, leggi "colf" e "badante", emerge come «una presenza stabile in moltissime case italiane». La speranza è che la condizione di tante vite, spesso strappate per lunghi anni ai loro più cari affetti lasciati in terre lontane, migliori favorite da un senso dell'accoglienza che sa farsi anche più umanamente "ospitalità".