In tutto il mondo sono circa 10,5 milioni i bambini e le bambine, al di sotto dell’età minima legale di accesso al lavoro, che lavorano come domestici in case private, in condizioni pericolose e a volte di schiavitù. 6,5 milioni hanno tra i 5 e i 14 anni e in gran parte (oltre il 71%) si tratta di bambine.
I dati sono riportati nell’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) Ending child labour in domestic work, presentato il 12 giugno scorso a Ginevra in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile, dedicata quest’anno al tema del lavoro domestico.
Il rapporto denuncia le condizioni di lavoro disumane e le situazioni di pericolo a cui sono esposti questi bambini. Minori invisibili, che lavorano in case private e svolgono mansioni come pulire, stirare e cucinare, o si occupano di altri bambini o degli anziani. Allontanati dalle loro famiglie, dipendono completamente dal datore di lavoro, con il rischio di subire violenze fisiche, psicologiche e sessuali.
Il fenomeno delle cosiddette “muchachas”, le lavoratrici domestiche, purtroppo è diffuso in tutta l’America Centrale. Donne adulte o minorenni, costrette a lavorare 7 giorni su 7 senza contratto né previdenza sociale e a subire maltrattamenti fisici e verbali, licenziamenti senza giusta causa, mancati pagamenti del salario, minacce di denuncia alle autorità competenti per il loro status di “clandestine”, molestie sessuali e discriminazioni.
Il documentario della regista salvadoregna Marcela Zamora – la stessa di Marie en tierra de nadie – dal titolo Las esclavas del servicio doméstico ritrae perfettamente la vita di alcune “muchachas” salvadoregne, costellata da continui abusi e umiliazioni da quando erano bambine: la stessa che continuano a vivere altre donne come loro, la maggior parte delle quali sono minori migranti, in fuga dalla povertà estrema.
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