Le lavoratrici straniere guidano la ripresa
dell'occupazione femminile. Nonostante la crisi, la domanda per l'assistenza
agli anziani e ai bambini cresce, anche per effetto della parallela riduzione
della cura pubblica.
Ma le famiglie fanno sempre più fatica a sostenere tutto
il costo, che incide quasi del 30% sulle entrate familiari. E ci sono segnali
di un aumento del lavoro in nero.
di Sara Picchi
[articolo tratto da: ingenere.it]
Nonostante la crisi e le difficoltà, le famiglie
non riescono a fare a meno delle badanti. In Italia il settore di cura e
assistenza agli anziani continua a tenere un andamento anticiclico, cioè
contrario all'andamento generale dell'economia, e paradossalmente parte delle lavoratrici
straniere in questo momento gode dei benefici della segregazione tipica del
settore. Tra il 2011 e il 2012, a fronte di una diminuzione dell’occupazione
generale del 0.3%, l’Istat ha rilevato una ripresa dell’occupazione
femminile, in parte dovuta all’aumento delle lavoratrici straniere (+7,9%),
concentrate principalmente in lavori non qualificati presso le famiglie (Istat, 2013).
Ma questa timida ripresa deve fare i conti con una
delle più forti contrazioni di consumi e reddito disponibile che le famiglie
subiscono dagli anni Novanta [1]. Nonostante siano strette tra tagli ai servizi, aumento
dei costi e l’impellenza dei bisogni, le famiglie continuano ad
attingere dal settore delle lavoratrici straniere. E la crisi economica,
insinuandosi in un sistema di welfare molto debole, rischia di ingessare ancora
di più le reti informali. Cerchiamo allora di ricostruire gli scenari alla base
di questa “tenuta” soffermandoci solo su due aspetti: la riduzione della
cura formale pubblica e le strategie che le famiglie mettono in atto per
soddisfare bisogni irriducibili.
Il taglio dei fondi
pubblici
Ai vincoli fissati dall’ultimo
patto di stabilità interno si devono aggiungere i forti tagli che dal 2010
interessano i fondi nazionali per gli interventi sociali. Anche se la riduzione
del pubblico impiego e una generale precarizzazione delle condizioni di lavoro
sono interventi che vengono da lontano, in questi anni i fondi hanno
contribuito in misura decisiva al finanziamento della rete integrata dei
servizi sociali territoriali. Tali fondi vengono ripartiti tra le Regioni, che
a loro volta distribuiscono le risorse ai Comuni e ai Piani sociali di zona.
Dal 2008 al 2012 la dotazione del Fondo sociale è scesa
da 929 milioni a 344 milioni. A cui va aggiunto il tormentato Fondo per la non
autosufficienza, tagliato dal governo Berlusconi e reintegrato parzialmente dal
governo Monti [2]. Nella tabella che segue
vengono riportati gli interventi di riduzione della spesa che hanno interessato
il sistema di Long Term Care italiano
nel 2013. (tabella 1)
Tabella 1 Patto di stabilità interno 2013
I tagli si distribuiscono in una rete territoriale
dei servizi alla persona a dir poco eterogenea. Solo per fare un esempio: nelle
regioni critiche la quota di anziani che ha potuto beneficiare dell’assistenza
domiciliare integrata (ADI) è compresa tra 1,1 per cento della Sicilia e il 2,8
per cento della Calabria contro l’11,6 per cento dell’Emilia e
il 7,7 per cento dell’Umbria. Fanno eccezione Lazio e Abruzzo, che si trovano su
livelli non dissimili a quelli di Lombardia e Veneto (circa il 5 per cento) (Corte dei conti, 2012) Fonte: Parlamento Italiano
Date le grandi disparità territoriali è possibile
che le politiche di contenimento alla spesa pubblica agiscano in modo diverso a
seconda del contesto locale. Se il meridione sconta una povertà storica e
assoluta di servizi ma una ricchezza di reti informali, nel nord la riduzione
del supporto pubblico e l’aumento dei costi possono aver pesato in misura maggiore
sulla domanda di servizi privati. È pertanto possibile immaginare che molte
famiglie nel Nord, dovendo far fronte alla riduzione del supporto pubblico, si
siano necessariamente rivolte al mercato privato, contribuendo a sostenere la
crescita del settore. La relazione tra politiche di austerity e le risposte
delle famiglie meriterebbe una riflessione più approfondita. Capire ad esempio
se l’andamento
dell’occupazione
femminile straniera, a partire dall’introduzione nel 2010 della
prima misura correttiva dopo la crisi del debito pubblico greco (il cosiddetto
decreto "Anti–crisi”), possa essere letto anche alla luce delle politiche di
contenimento della spesa pubblica. Nella figura 1 si vede come la crescita
delle occupate straniere dall’inizio del 2010 abbia interessato maggiormente le regioni
del nord (+182 mila), parzialmente quelle del centro (+ 99 mila) e in misura
minore le regioni del meridione (+ 54 mila)
Fig.1 Occupate straniere per ripartizione territoriale
Fonte: Istat, Forze del lavoro
bisogni
incomprimibili
A fronte di una costante riduzione del supporto
pubblico, il lavoro assistenziale per l’anziano malato cronico si
scarica sempre di più sulle reti informali, anche a livello economico. Per il
2012, il Censis ha stimato il numero dei collaboratori domestici in un 1
milione 655 mila individui. Nello stesso anno, quasi 2 milioni 600 mila
famiglie (il 10,4% del totale) si sono rivolte al mercato privato di servizi
alla famiglia e alla persona (Censis, 2013).
Secondo l’istituto la spesa incide sul reddito familiare per il
29,5% e il 56,4% delle famiglie intervistate dichiara che non riesce più a
farvi fronte (Censis, 2013). La necessità del servizio le costringe a ridurre i
consumi (48,2%) o i risparmi (20,2%) o ad indebitarsi (2,8%). Come si legge nel
rapporto (2013, pg. 8), “l’irrinunciabilità del servizio (ben l’84,4%
dichiara di non poterne fare a meno) sta peraltro portando alcune famiglie (il
15,1%, ma al nord la percentuale arriva al 20%) a considerare l’ipotesi
che un membro possa rinunciare al lavoro per “prendere il posto” del
collaboratore”. Con una bassa crescita del reddito pro capite, non ci si
può aspettare che le famiglie a medio reddito possano liberare sempre più
risorse nel mercato privato dell’assistenza. E non è auspicabile
che diminuisca il costo per famiglia (stipendi ancora più bassi per i
lavoratori stranieri e ancora maggiore irregolarità).
Eppure i dati sui regolari ci suggeriscono ancora
qualcosa. Tra il 2009 e il 2011 l’Inps registra un leggero calo
delle ore medie lavorate (3,7%)[3] (Inps, Osservatorio lavoratori domestici). La diminuzione degli
iscritti che di solito segue le sanatorie forse spiega solo in parte questa
dinamica negativa. I dati distinti per ore medie settimanali lavorate mostrano
ad esempio un saldo positivo fra il 2010 e il 2011 solo per chi lavora fra 36 e
60 ore, ovvero chi presumibilmente lavora in coabitazione. La contrazione
maggiore è registrata soprattutto fra coloro che lavorano mediamente a
settimana meno di 24 ore (-6,2%) quindi le/i lavoratori ad ore. Seguono coloro
che lavorano in media 8 ore al giorno ( - 4%), che spesso nascondono condizioni
di coresidenzialità di fatto. La crescita delle ore per le assistenti familiari
co-residenti rispecchia verosimilmente situazioni in cui il servizio di cura è
indispensabile (Figura 2).
Fig. 2. Ore lavorate (medie settimanali degli/le iscritti/e Inps,
variazioni percentuali)
Fonte: Inps, Osservatorio sui lavoratori domestici
Anche se i dati sono ancora parziali, proviamo a
dare delle indicazioni conclusive. L’aumento del segmento delle
lavoratrici coabitanti (39 – 60+) potrebbe confermarci l’ipotesi di partenza, ossia l’opzione della
convivenza sembra testimoniare più di ogni altra situazione una sorta di
effetto “crowding out” (sostituzione) dei servizi di
assistenza domiciliare da parte delle assistenti familiari (straniere). La
caduta complessiva delle ore lavorate invece può suggerire un aumento del
lavoro non dichiarato.
Il lavoro nero, peggiori condizioni di lavoro e
paga, lo sfruttamento, i sacrifici e la solitudine generalizzata costituiscono
il triste sfondo che circonda le scelte abitualmente praticate da famiglie e
lavoratrici. “Non saranno le colf a risollevare la nostra economia”,
tuttavia ci si può aspettare che la domanda continui a crescere, soprattutto
tra gli ultra ottantenni, il cui numero aumenterà sensibilmente.
I servizi alla persona hanno dimostrato una potente
capacità di creare lavoro e una buona tenuta congiunturale, ma anche di essere
un terreno scivoloso. Un futuro ingannevole si prospetta per le famiglie e le
lavoratrici (le donne in generale), se pensiamo di lasciar crescere il settore
di assistenza alla persona lungo la desertificazione del sistema di welfare.
___________
[1] A fronte della caduta del
reddito disponibile nel 2012, le famiglie hanno ridotto del 4,3 per cento le
quantità di beni e servizi acquistati Nello stesso anno in presenza di una
flessione del Pil del 2,4 %, il potere d’acquisto delle famiglie è
diminuito del 4,8 % (Istat, 2013)..
[2] Questo
senza considerare i tagli che hanno interessato la sanità pubblica. Nel
rapporto di Cittadinanza Attiva sulla cronicità, si legge che le voci di spesa
regionale sanitaria in diminuzione tra il 2010 e il 2011, sono state due: il
personale (-1,4%) e l’assistenza farmaceutica convenzionata (-9%). Nel rapporto
si segnala come parallelamente alle riduzioni della spesa pubblica sia andata
invece crescendo la misura dei ticket e in generale della spesa privata per l’acquisto
dei farmaci (Cittadinanza Attiva, 2012).
[3] A
fronte di una crescita in un periodo pre – sanatoria del 19,7%