credits: Caritas Internationalis |
Per
celebrare la Giornata internazionale delle lavoratrici e dei lavoratori
domestici Acli Colf insieme a Caritas Internationalis e Associazione No.Di,
hanno promosso una tavola rotonda dal titolo “Insieme per un lavoro domestico
dignitoso” a cui ha partecipato tra gli altri Livia Turco, presidente della
Fondazione Nilde Iotti.
L’iniziativa
si è svolta il 16 giugno, secondo anniversario della ratifica da parte dell’Italia
della 'Convenzione 189' promossa dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro
nel 2011, che ha fissato le norme di lavoro per i lavoratori domestici in tutto
il mondo e alcuni diritti fondamentali, tra cui il riposo settimanale e di
assentarsi, il salari minimo, la protezione da abusi, la tutela dallo
sfruttamento del lavoro minorile.
Come
ha sottolineato Raffaella Maioni, responsabile nazionale Acli Colf, occorre
rafforzare la rete a tutela di una categoria di lavoratrici e lavoratori che
ancora oggi soffre di maltrattamenti e abusi. Quello della collaboratrici
familiari è una presenza diventata fondamentale in numerose famiglie italiane. Ciò
implica affidare ad una persona di fiducia la cura dei propri figli, anziani, dei famigliari non autosufficianeti e, non di secondaria
importanza, le mansioni di lavoro domestico vero e proprio.
Sempre
secondo la responsabile delle Acli Colf, a fronte di queste necessità, che sono
in continua crescita, il welfare è in costante arretramento e si registra pure
una crescente difficoltà economica delle famiglie; il tutto si ripercuote
talvolta sulla figura dei collaboratori familiari ai quali vengono non di rado
negati diritti, come il versamento dei contributi o l’aumento delle ore di
lavoro, al fine di risparmiare.
Maria
Sulezu ha ribadito l’impegno di Caritas nella campagna di ratifica della Convenzione da parte degli stati per meglio garantire i diritti dei lavoratori
domestici. Anche Pilar Reuque, presidente dell’ Associazione No.Di. ha
riconosciuto il valore della Convenzione per molti paesi dove oggi questo
lavoro ancora non è riconosciuto e per la mobilitazione che a livello di
società civile essa ha creato. La natura stessa del lavoro domestico infatti
rende facili e diffusi gli abusi mentre riduce al minimo le misure di
protezione.
Secondo
Armando Montemarano di Federcolf, "Fino a un secolo fa il lavoro domestico
è stato quasi una forma di schiavitù. In alcune parti del mondo lo è ancora
", sottolineando come il CCNL del 1974 sia stato un vero passo in avanti
per la categoria. Contratto che oggi è in fase di rinnovo e che vede alcuni
piccoli ma significativi cambiamenti come ha sottolineato la segretaria
nazionale di Federcolf, Rita De Blasis.
Svitlana
Kovalska, presidente dell’associazione delle donne lavoratrici ucraine in
Italia, ha sottolineato come vi siano forti aspettative da parte dei
lavoratori immigrati presenti nei paesi di accoglienza, per il contributo che
essi danno a queste economie. Ma tali paesi non farebbero abbastanza per la
protezione sociale e giuridica.
Presentando
il volume “Badare non basta. Lavoro di cura: attori, politiche, progetti”
realizzato dalle Acli Colf, la curatrice Giselda Rusmini citando dati Irs ha
detto che l'ottanta per cento dei migranti che giungono all'Unione europea
svolge il lavoro domestico. Solo in Italia ci sono 830.000 lavoratori
domestici registrati, una cifra superiore al numero dei lavoratori registrati
dal sistema sanitario nazionale.
Dalla
tavola rotonda sono emersi alcuni suggerimenti per migliorare la situazione dei
lavoratori, tra cui la promozione di un sistema di welfare nazionale, incentivi
fiscali per le famiglie che hanno persone che lavorano nelle loro case e la
riforma del sistema della migrazione. Come da sempre sottolineano le Acli Colf
pensare al lavoro di cura significa pensare alle fragilità che si incontrano
nel luogo domestico lavoratrici e lavoratori, ma anche alle famiglie, agli
anziani soli che sono altrettanto fragili e a come vivono situazioni di
profonda difficoltà le famiglie delle donne e degli uomini che rimangono nel
paese di origine.
Su
questo particolare aspetto - l'impatto dei lavoratori che lasciano, spesso costrette da esigenze economiche, le loro
famiglie – si è soffermato il fotografo Giuseppe Aliprandi che ha illustrato
una serie di immagini di vita nelle zone rurali della Romania; in
particolare bambini che vivono in povertà con i nonni, mentre i genitori
cercano di mandare i soldi a casa dall’estero nella speranza di costruire
un futuro migliore per sé e le loro famiglie.
Fino
ad oggi dieci paesi hanno ratificato la Convenzione per assicurare
un lavoro dignitoso ai i lavoratori domestici; l'Uruguay è stato il primo
seguito da Filippine, Mauritius, Italia (il primo paese europeo),
Nicaragua, Paraguay, Bolivia, Colombia, Germania e Sud Africa.