20 giugno 2013

Insieme per un lavoro domestico dignitoso. Tavola rotonda a Roma

credits: Caritas Internationalis

Per celebrare la Giornata internazionale delle lavoratrici e dei lavoratori domestici Acli Colf insieme a Caritas Internationalis e Associazione No.Di, hanno promosso una tavola rotonda dal titolo “Insieme per un lavoro domestico dignitoso” a cui ha partecipato tra gli altri Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti.

L’iniziativa si è svolta il 16 giugno, secondo anniversario della ratifica da parte dell’Italia della 'Convenzione 189' promossa dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro nel 2011, che ha fissato le norme di lavoro per i lavoratori domestici in tutto il mondo e alcuni diritti fondamentali, tra cui il riposo settimanale e di assentarsi, il salari minimo, la protezione da abusi, la tutela dallo sfruttamento del lavoro minorile.



Come ha sottolineato Raffaella Maioni, responsabile nazionale Acli Colf, occorre rafforzare la rete a tutela di una categoria di lavoratrici e lavoratori che ancora oggi soffre di maltrattamenti e abusi. Quello della collaboratrici familiari è una presenza diventata fondamentale in numerose famiglie italiane. Ciò implica affidare ad una persona di fiducia la cura dei propri figli, anziani, dei famigliari non autosufficianeti e, non di secondaria importanza, le mansioni di lavoro domestico vero e proprio.

Sempre secondo la responsabile delle Acli Colf, a fronte di queste necessità, che sono in continua crescita, il welfare è in costante arretramento e si registra pure una crescente difficoltà economica delle famiglie; il tutto si ripercuote talvolta sulla figura dei collaboratori familiari ai quali vengono non di rado negati diritti, come il versamento dei contributi o l’aumento delle ore di lavoro, al fine di risparmiare.

Maria Sulezu ha ribadito l’impegno di Caritas nella campagna di ratifica della Convenzione da parte degli stati per meglio garantire i diritti dei lavoratori domestici.  Anche Pilar Reuque, presidente dell’ Associazione No.Di. ha riconosciuto  il valore della Convenzione per molti paesi dove oggi questo lavoro ancora non è riconosciuto e per la mobilitazione che a livello di società civile essa ha creato. La natura stessa del lavoro domestico infatti rende facili e diffusi gli abusi mentre riduce al minimo le misure di protezione.

Secondo Armando Montemarano di Federcolf, "Fino a un secolo fa il lavoro domestico è stato quasi una forma di schiavitù. In alcune parti del mondo lo è ancora ", sottolineando come il CCNL del 1974 sia stato un vero passo in avanti per la categoria. Contratto che oggi è in fase di rinnovo e che vede alcuni piccoli ma significativi cambiamenti come ha sottolineato la segretaria nazionale di Federcolf, Rita De Blasis.
Svitlana Kovalska, presidente dell’associazione delle donne lavoratrici ucraine in Italia, ha sottolineato  come vi siano forti aspettative da parte dei lavoratori immigrati presenti nei paesi di accoglienza, per il contributo che essi danno a queste economie. Ma tali paesi non farebbero abbastanza per la protezione sociale e giuridica.
Presentando il volume “Badare non basta. Lavoro di cura: attori, politiche, progetti” realizzato dalle Acli Colf, la curatrice Giselda Rusmini citando dati Irs ha detto che l'ottanta per cento dei migranti che giungono all'Unione europea svolge  il lavoro domestico. Solo in Italia ci sono 830.000 lavoratori domestici registrati, una cifra superiore al numero dei lavoratori registrati dal sistema sanitario nazionale.

Dalla tavola rotonda sono emersi alcuni suggerimenti per migliorare la situazione dei lavoratori, tra cui la promozione di un sistema di welfare nazionale, incentivi fiscali per le famiglie che hanno persone che lavorano nelle loro case e la riforma del sistema della migrazione. Come da sempre sottolineano le Acli Colf pensare al lavoro di cura significa pensare alle fragilità che si incontrano nel luogo domestico lavoratrici e lavoratori, ma anche alle famiglie, agli anziani soli che sono altrettanto fragili e a come vivono situazioni di profonda difficoltà le famiglie delle donne e degli uomini che rimangono nel paese di origine.
Su questo particolare aspetto - l'impatto dei lavoratori che lasciano, spesso costrette da esigenze economiche, le loro famiglie – si è soffermato il fotografo Giuseppe Aliprandi che ha illustrato una serie di immagini  di vita nelle zone rurali della Romania; in particolare bambini che vivono in povertà con i nonni, mentre i genitori cercano di mandare i soldi a casa dall’estero nella  speranza di costruire un futuro migliore per sé e le loro famiglie.
Fino ad oggi  dieci paesi hanno ratificato la Convenzione per assicurare un  lavoro dignitoso ai i lavoratori domestici; l'Uruguay è stato il primo seguito da Filippine,  Mauritius, Italia (il primo paese europeo), Nicaragua, Paraguay, Bolivia, Colombia, Germania e Sud Africa.