In occasione dell'8 marzo le Acli Colf di Verona insieme alle Acli provinciali e al Cestim promuovono la Tavola rotonda sul tema:
“COLF-BADANTI IMMIGRATE:
INVISIBILI MADRI A DISTANZA”
Quale legame esiste fra l’immigrazione di donne e l’impatto sulle famiglie e sul Welfare “qui e lì”?
Martedì 8 marzo 2011 dalle ore 15.00 Presso
Sala Civica “Elisabetta Lodi” Via S. Giovanni in Valle, 13/b 37129 Verona
Programma: Saluti di: ü Piercarlo Roi, Presidente Provinciale ACLI ü Natalina Quaiotti, Presidente ACLI Colf Introduzione al tema ü Claudia Alemanni, Supervisore pedagogico Università Bicocca Milano Intervengono: ü Anna Maria Ferrarini, coordinatrice servizi area adulti-anziani Comune di Verona ü Ioana Dunca, operatore ufficio immigrazione CISL ü Carlo Melegari, direttore Cestim Conclusioni: ü Clorinda Turri, direttivo nazionale Acli Colf |
Per Informazioni: CIRCOLO ACLI COLF
Via Don Trevisani 41/A - 37139 San Massimo / Verona
Tel.045 8904345 Clorinda Turri: 3405834573 circolocolf@acliverona.it
Con il cosiddetto processo di globalizzazione, le donne sono in movimento come mai era avvenuto prima nella storia.
Milioni di donne si muovono dai paesi poveri verso quelli ricchi dove lavorano, generalmente, nelle famiglie come bambinaie, badanti, collaboratrici familiari.
Vengono qui a svolgere il lavoro di cura, che da secoli spettava alle donne dei paesi occidentali le quali non sono più in grado di dedicarvisi, essendo impegnate, spesso, nel lavoro retribuito extra domestico.
Le lavoratrici immigrate colmano il deficit di cura e di amore nelle nostre famiglie, ma a loro volta lo ricreano nelle famiglie dei loro paesi di origine.
Spesso lasciano i propri figli alla cura di nonne, sorelle, cognate. A volte è la figlia maggiore che lascia la scuola per dedicarsi ai fratelli più piccoli, con conseguenze talvolta gravi e con laceranti contraddizioni e sofferenze sia per le madri che per i figli.
I costi di questa migrazione sono elevati per l’impatto sulle famiglie di origine e per le ricadute sul welfare locale. Inoltre accade che le donne che emigrano drenano risorse professionali da settori come quello sanitario, assistenziale e scolastico. La loro partenza si trasforma in nuove domande di cura per bambini e per anziani nel loro sistema sociale.
L’impatto della migrazione di donne nel nostro paese è duplice: rende accessibili servizi di cura personalizzata, a basso costo e a domicilio, alle famiglie con anziani o disabili; consente un notevole risparmio per il welfare locale che è orientato all’erogazione di sussidi monetari e alla delega implicita dei compiti assistenziali alle famiglie, piuttosto che alla realizzazione di efficienti servizi territoriali.
Il processo in atto di globalizzazione, dunque, pone sfide importanti a chiunque sia interessato a impegnarsi a superare le disuguaglianze economiche e di genere.
Detto questo: come è possibile intervenire sul continuo trasferimento del lavoro di cura dai paesi poveri a quelli ricchi, che comporta notevoli traumi per i bambini lasciati in patria e per le madri lontane da essi?