di Simone Sereni |
Martedì 08 Marzo 2011 |
"Sono un italiano di 42 anni e ho dovuto, mio malgrado, prendere una difficile decisione. Dopo un periodo di lavoro, non trovando un'occupazione nel paese in cui mi ero trasferito a lavorare e a vivere, lo Zimbabwe, ho accettato di affrontare una nuova sfida: andare in Scozia a fare... il badante!". Le Acli Colf, l'associazione professionale delle Acli che organizza le collaboratrici e i collaboratori familiari, scelgono sul loro blog la strada della provocazione per celebrare l'8 marzo e la Giornata internazionale della donna. La storia del "badante" italiano, Paolo G. nata per promuovere la parità di genere anche nel settore del lavoro domestico, apre anche una significativa finestra di riflessione sui cambiamenti intercorsi in questi anni nel mondo del lavoro. "Al corso che mi ha avviato alla professione di badante - scrive Paolo G. - in tutto eravamo in 12 (di età compresa tra i 25 e i 70 anni) ed io ero l'unico uomo. Trovar lavoro in questo settore è molto più difficile per un uomo che non per una donna. E questo nonostante vi sia una domanda fortissima di assistenza ed una massiccia importazione di manodopera straniera... alla faccia di tutti coloro che non vogliono gli extracomunitari in Europa a lavorare". Altro Paese, altra storia. Ipsia, la ong delle Acli, per "valorizzare la donna come attore di coesione sociale e di sviluppo", ci porta in Albania. Nel materiale prodotto in occasione della Conferenza organizzata nell'ottobre scorso per la Giornata internazionale delle donne, e oggi reso disponibile sul web, il ruolo delle donne albanesi delle aree rurali, il loro rapporto con il lavoro e gli effetti della migrazione su di loro. |
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Comunicato Stampa Ipsia