Sono assistente familiare cui ho chiesto 3 ore di riposo giornaliero pomeridiano, da effettuare fuori casa. La figlia mi contesta che sono troppe ore e che il riposo dovrei goderlo in casa, per poter continuare ad esercitare la sorveglianza sulla mamma, anziana e non autosufficiente. Chi ha ragione?
L’art.15 CCNL domestico dice che, “Il lavoratore convivente ha diritto (..), ad un riposo intermedio non retribuito, normalmente nelle ore pomeridiane, non inferiore alle 2 ore giornaliere di effettivo riposo”.
In primo luogo, la norma quindi non fissa un tetto massimo di ore di riposo pomeridiano ma un tetto minimo, rispettato il quale l’organizzazione del rapporto di lavoro può dirsi legittima.
In secondo luogo, si può notare come la norma non specifichi se tale riposo consenta alla lavoratrice di allontanarsi, ma al contrario sottolinea come il riposo debba essere “effettivo”.
Dunque, condizione essenziale, è che in quelle ore sia assicurato il riposo della lavoratrice, la quale deve comunque potersi dedicare alle proprie personali attività (leggere un libro, guardarsi un programma televisivo, ecc…). A seconda di come viene svolta, quindi, anche l’attività di mera vigilanza può essere considerata attività lavorativa, se non consente alla lavoratrice di dedicarsi ai propri affari, e soprattutto se la stessa deve rimanere “a disposizione” del datore di lavoro.
Visto che la questione è spesso molto dibattuta, nel nuovo CCNL, siglato lo scorso 9 aprile, è stato inserito un chiarimento, prevedendo specificatamente la possibilità per le lavoratrici di uscire liberamente di casa, salvo accordi specifici contrari, e fatta salva in ogni caso la destinazione di tale intervallo al recupero psicofisico della lavoratrice.