Sono obbligato a riconoscere la residenza all'assistente familiare convivente di mia madre? In questo caso entrerà nel suo nucleo familiare?
Se la colf convivente chiede la residenza anagrafica, il datore di lavoro deve concederla all'interno della sua casa. Il nuovo regolamento anagrafico, Dpr 223/1989, prevede che ai fini dell'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente sia necessaria la manifestazione di volontà del soggetto, cui deve accompagnarsi il verificarsi di un determinato stato di fatto, costituito dall'effettiva dimora abituale nel Comune.
La residenza dunque non è "concessa" dal proprietario e/o occupante dell'immobile di destinazione, ma deve essere riconosciuta obbligatoriamente dal datore di lavoro al mero verificarsi di due presupposti: manifestazione di volontà del soggetto dichiarante ed effettiva dimora abituale. Oltretutto la legge anagrafica, Legge 1228/1954, prevede un vero e proprio obbligo, oltretutto sanzionato, di chiedere l'iscrizione anagrafica per sè e per le persone cui si esercita la potestà e la tutela, ogni volta che si realizzano i presupposti per richiederla, e quindi il datore di lavoro non può, a nessun titolo, inibire a chi ha specifici obblighi anagrafici (in questo caso la lavoratrice domestica) di adempiere agli stessi.
Quindi, la "concessione" della residenza all'assistente familiare convivente è un vero e proprio dovere del datore di lavoro.
Ciò non significa che l'assistente familiare convivente entrerà a far parte della "famiglia anagrafica" dell'assistito presso cui vive e lavora: l'art. 5, comma 2, del Dpr 223/1989 prescrive che "le persone addette alla convivenza per ragioni di impiego o di lavoro, se vi convivono abitualmente, sono considerate membri della convivenza, purchè non costituiscano famiglie a se stanti".