Le prestazioni di lavoro domestico e di cura in
ambito parentale si presumono svolte per ragioni affettive, salvo sia fornita
l'indicazione e la prova contraria.
Con Messaggio n. 15451 del 12 giugno 2007, la
Direzione Nazionale dell'INPS, ha richiamato all'ordine le Direzioni
provinciali, in cui si era adottata la pratica di respingere a priori la
richiesta di iscrizione assicurativa di tali rapporti, soprattutto quando il
rapporto sia instaurato tra stranieri e si teme che nasconda una finalità
connessa con la necessità di rinnovo o
regolarizzazione dei permessi di soggiorno.
Ai sensi dell'art.
1, comma 3, del Dpr n. 1403/1971: "L'esistenza di vincoli di parentela od
affinità fra datore di lavoro e lavoratore non esclude l'obbligo assicurativo
quando sia provato il rapporto di lavoro": in tali casi dunque vige un
principio di inversione dell'onere della prova a carico del datore di lavoro
che, a richiesta degli organi ispettivi, deve fornire precisi elementi e
circostanze di fatto da cui si possa ragionevolmente desumere l'esistenza del
vincolo di subordinazione.
La normativa non indica naturalmente quali possano
essere tali elementi e circostanze di fatto, ma la prassi ha elaborato alcuni
"indizi" di riferimento, tenendo conto:
- della situazione
di fatto in cui la prestazione viene svolta (espressamente previsto dalla Circolare
Inps 89/1989, il caso della lavoratrice che abbandona il lavoro per dedicarsi
all'accudimento del nipote, in presenza di ulteriori indici tra cui ha
sicuramente rilevanza la non convivenza tra le parti);
- del grado
di parentela intercorrente tra le parti, ragione per cui il rapporto di
lavoro domestico tra coniugi o conviventi more uxorio non è ammesso, a meno che
la prestazione riguardi l'assistenza del marito o convivente invalido, fruitore
dell'indennità di accompagnamento, oppure quando la prestazione è resa a
comunità familiari di cui il parente fa parte, o per specifica previsione, nel
caso della perpetua a servizio di sacerdote;
- dell'esistenza
o meno della convivenza, per cui in caso di parenti di secondo o terzo
grado, non conviventi, il rapporto di lavoro è ritenuto dall'INPS senz'altro
assicurabile, mentre è ritenuto non assicurabile il rapporto di lavoro tra
parenti di primo grado, soprattutto se conviventi.
In ogni caso, visto la necessità di assicurare
l'assolvimento dell'onere probatorio, oltre alla denuncia di assunzione, il
datore di lavoro dovrà redigere regolare lettera di assunzione, corredata da
buste paga con pagamenti tracciabili, dato che uno degli elementi
imprescindibili per il riconoscimento del vincolo di subordinazione, è il
pagamento di una retribuzione.