7 settembre 2015

Lavoro di Cura, Nutrimento per la Vita: le impressioni dei presenti al workshop di Milano

Concluso il workshop “Lavoro di cura, Nutrimento per la vita”, tenutosi a Milano lo scorso 16 giugno, abbiamo ritenuto importante chiedere a tutti i partecipanti di restituirci le proprie impressioni  e condividere con noi quel carico emozionale che l’incontro aveva suscitato in loro. Una decisione, questa, maturata dalla consapevolezza che a Milano non fosse andato in scena il classico incontro asettico, ma, “una giornata intensa di confronto durante la quale, a prevalere, non sono stati i numeri e le statistiche, ma la realtà di una professione difficile e impegnativa che tante donne dal mondo svolgono in relazione, con attenzione e amore”. Lavoratrici comuni, provenienti alcune da paesi e culture lontane, che però hanno saputo tradurre, con parole semplici e dettate dal cuore, le loro storie coinvolgenti, a tratti commoventi, così come in molti hanno riscontrato. Il segreto di questo linguaggio così carico di pathos trae origine dal fatto che "le lavoratrici hanno dimostrato di saper cogliere, anche attraverso operazioni quotidiane di scambio/trasmissione di cibo, importanti metodologie di rilevanza anche terapeutica e soprattutto di vicinanza relazionale”.
 
Il link che ha unito tutti gli interventi è stato il cibo, chiamato in causa non in maniera banale, ma come trampolino per avviare una riflessione più ampia e articolata. Ecco come il concetto di cibo è stato declinato nel corso del workshop: “Il gusto è conoscenza, il semplice atto del mangiare ci pone in relazione con l’altro, con chi prepara i cibi, chi li assaggia e li condivide, unendo in un semplice atto quotidiano chi ci è vicino da sempre, con chi proviene da Paesi anche molto lontani”. L’alimento, la pietanza, quindi, come veicolo in grado di superare le distanze, di connettere le diverse latitudini, ma anche di far riemergere lontani ricordi che si perdono nelle trame e nelle storie personali di ciascuno: “…i cibi semplici delle mie nonne contadine, la loro fatica nei campi, ma anche quanto possa essere bella la condivisione di sapori e cibi di altre culture, che avvicinano e favoriscono il dialogo anche tra persone di diversa nazionalità. La mia riflessione va anche alla generosità della terra che nonostante la poca cura che le riserviamo, continua a nutrirci con i suoi frutti”.
 
In conclusione: esperienze, ricordi, impressioni differenti che però convergono nella comune ammissione che considera metaforicamente il cibo come alimento del neonato di oggi, ma anche dell'uomo di domani; in questo accudire c’è la profonda relazione che lega, in un vicendevole arricchimento culturale, l’assistente e l’assistito, attraverso un coinvolgimento che ingloba l’intero contesto familiare.