16 febbraio 2011

Colf-datrici di lavoro, voci a confronto

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Accuse e preconcetti, rapporti controversi e pregiudizi: lo studio sarà presentato domani in un convegno. Ricerca della Federico II sui rapporti tra le badanti e le "signore". Le campane accusano le immigrate di essere fredde e interessate

di ADELE BRUNETTI
Colf-datrici di lavoro, voci a confrontoBadanti immigrate e datrici di lavoro campane a confronto, donne diverse in un rapporto controverso tra sacrifici comuni, pregiudizi reciproci e distanze di valori. Stessa casa, prospettive lontane, spazio relativo all'intimità, solidarietà superficiale che raramente sfocia in amicizia. Se le collaboratrici domestiche additano le "signore" come invadenti, assenti in famiglia, aggressive e lagnose verso i mariti e troppo dedite alla cura di sé, le italiane accusano le colf di essere fredde e di interessarsi eccessivamente agli aspetti materiali dell'esistenza.

Relazioni socialmente necessarie ricostruite nell'indagine "Subordinazione femminile e strategie di resistenza" promossa da Caterina Arcidiacono, docente di Psicologia sociale, e Filomena Tuccillo del dottorato in Studi di genere della scuola in Scienze psicologiche della "Federico II". Condotta su un gruppo di 136 donne, badanti di varie nazionalità (età media 43 anni) e campane di religione cristiana e differenti livelli occupazionali e di istruzione (età media 58 anni), la ricerca sarà presentata domani nell'ambito del convegno "Donne culture migrazioni e potere" (alle 15, palazzo Isveimer, via Cortese, 9). Voce alle straniere accolte tra le mura domestiche. "Tuttofare assunte per prendersi cura di qualcuno, che, spesso, svolgono qualsiasi faccenda, dalle pulizie alla spesa" precisa Arcidiacono.

E che giudicano le datrici di lavoro con lucidità, "descritte come poco solidali e in competizione tra loro. Ed esageratamente egocentriche, senza tempo per i compagni, concentrate sulla moda, incapaci di gestire i soldi, ossessionate dal mostrare il corpo e prigioniere di una rincorsa illusoria verso la perfezione fisica". L'affondo arriva sul trattamento degli anziani: "Molte ritengono assurdo che costituiscano un peso, e sottolineano come nei propri paesi siano approcciati come esempi di saggezza". E sugli uomini: "Impegnati a constatare solo le qualità casalinghe della colf e protagonisti di frequenti mancanze di rispetto e complimenti "sporchi"". Nella cornice di una corrisposta benevolenza che non raggiunge mai la profondità indispensabile per l'instaurarsi di un rapporto confidenziale.

"Le campane apprezzano le immigrate perché colmano carenze essenziali nella quotidianità privata, ma valutano il benessere delle collaboratrici sulla base dei soldi e del cibo forniti, non considerando gli aspetti psicologici". E cadono in facili preconcetti: "Non si contano le accuse di rubare lavoro e mariti". Ma provano compassione per una condizione di debolezza che le immigrate non percepiscono "perché, al contrario, avvertono l'aver abbandonato il paese d'origine come un riscatto". La condivisione giunge sui sensi di colpa, il sacrificio di separarsi dai figli e il mancato riconoscimento professionale. Con un paradosso sull'emancipazione: "Le conquiste delle italiane risultano possibili non come conseguenza di un cambiamento degli equilibri di potere nella differenza di genere, ma come effetto del supporto delle straniere che ereditano l'onere di occuparsi della famiglia: obbligo che resta esclusivamente femminile".