7 maggio 2015

La colf convivente assicura la presenza continuativa



Lavoro come assistente familiare convivente presso una signora anziana autosufficiente. Da qualche mese ho preso una stanza in affitto, e quindi ho più volte chiesto al figlio della signora di poter andare a dormire a casa mia, per fare ritorno la mattina appena la signora si sveglia. Ultimamente però il figlio è apparso molto contrariato, ma se la notte deve essere dedicata al riposo, non sono libera di uscire, al termine dell’orario di lavoro fissato fino alle 20.00?

Il contratto di lavoro domestico “in regime di convivenza” ha caratteristiche specifiche che lo differenziano radicalmente da ogni altro tipo di rapporto di lavoro.
In tale tipo di contratto la prestazione lavorativa è comprensiva della c.d. “convivenza”, che non si configura come un “diritto” del lavoratore, ma come una vera e propria obbligazione, facente parte dell’intera “prestazione lavorativa”: in sostanza tra le mansioni della lavoratrice, oltre la cura della persona e della casa, nei limiti previsti dal proprio profilo contrattuale, è compresa la necessità di assicurare la propria presenza in modo continuativo, salvo i riposi obbligatoriamente previsti dal Ccnl.

L’assistente familiare assunta in regime di convivenza non può dunque liberamente assentarsi, a prescindere dall’effettivo orario di lavoro concordato con il datore di lavoro.
Ciò non significa che la lavoratrice deve essere obbligata a effettuare prestazioni lavorative in modo continuativo, anche di notte: il Ccnl stabilisce chiaramente che la lavoratrice ha diritto ad un riposo continuativo di almeno 11 ore, e che in caso di prestazione lavorativa notturna essa è compensata, se ordinaria, con la maggiorazione del 20% della retribuzione globale di fatto oraria, se straordinaria, in quanto svolta oltre il normale orario di lavoro, con la maggiorazione del 50% della retribuzione globale di fatto oraria.