27 febbraio 2015

Il caso - Una caregiver: "Se non assumo una badante, porteranno via mia mamma!"


L’hanno “minacciata” di toglierle la mamma di cui si prende cura, se non assumerà una badante che sappia assisterla adeguatamente: e ora S. è “disperata – dice – perché mia mamma, 57 anni, affetta da sospetto Alzheimer in fase iniziale, separata da anni da mio papà, ha solo una piccola pensione e non ha l’accompagnamento. Secondo le assistenti sociali, io sono spesso fuori casa perché studio. E mamma non può più stare da sola  Ma ho 23 anni, non ho un lavoro: dove li trovo i soldi per la badante?”. Fino a poco tempo fa, tutto filava liscio. “E’ sempre stata autonoma in tutto – racconta S., che vive a Torino, insieme alla mamma -: cibo, igiene personale ecc. Poi ha avuto un peggioramento momentaneo dovuto a una polmonite, ma ora pare che stia bene. Davvero possono portarla via?”, domanda ad associazioni e gruppi in rete.

La situazione è complicata e lascia intendere che ci troviamo in quel “limbo” dell’assistenza, per cui il bisogno non è abbastanza grave da essere riconosciuto e sostenuto dal servizio pubblico, tramite assistenza domiciliare e accompagnamento, ma la situazione inizia ad essere troppo pesante per essere completamente a carico dei familiari. E’ il “limbo” in cui si trovano tante famiglie, in cui il caregiver non solo non riesce a trovare adeguato supporto al suo compito assistenziale. E quando si rivolge alle istituzioni per chiedere sostegno, a volte i problemi addirittura si aggravano: come nel caso di S.: “Ho chiesto io aiuto alle assistenti sociali, mesi fa, quando mamma stava male. E adesso sono proprio loro che vogliono  ricoverarla in una struttura”, racconta.

In realtà, il ricovero “coatto” non è possibile, a meno che la donna non sia ritenuta incapace di intendere e di volere e, su parere del  giudice, sottoposta a Tso (trattamento sanitari obbligatorio). La procedura corretta, in casi come questo, dovrebbe essere l’attivazione di un percorso di sostegno, sia economico che socio-sanitario. “Ma mia madre è considerata autosufficiente – spiega S. – e per questo, finora, le è stato negato l’accompagnamento. La badante, quindi, sarebbe interamente a carico mio”. Al posto della badante, invece, dovrebbe esserci quella che si chiama “assistenza domiciliare integrata”, a carico di Asl e Comune, in quanto livello essenziale di assistenza. In questo caso, invece, come spesso capita in questo “limbo”, il peso dell’assistenza e dell’aggravamento di una malattia ricade interamente sulla famiglia.