C’è la vergogna, la
disperazione e la sensazione di non essere buone madri, nelle donne rumene
lontane chilometri dai loro figli per lavorare in Italia e accudire anziani e
altri bambini.
C’è la forza di andare
avanti per necessità, per mandare i soldi a casa. Stanno lontane un anno intero
a volte anche più. I pacchi che i bambini ricevono, con il timbro estero, pieni
di giocattoli, vestiti e scarpe, non colmano, però, il senso di abbandono.
Una separazione,
questa, che pesa sia sulle mamme che sui bambini: la lontananza, la migrazione
hanno un costo sociale non solo per la Romania ma anche per l’Italia dove
queste donne lavorano: in molte sono colpite dalla depressione acuta.
Gli specialisti la
chiamano Sindrome Italia, diagnosticata la prima volta nel 2005 da due
psichiatri ucraini: Kiselyov e Faifrych.
Il nome “Sindrome
Italia” deriva proprio dal fatto che è il Paese con il numero più alto di
badanti in Europa. E si configura come una gravissima forma di depressione
originata da almeno due fattori, entrambi riconducibili ad una crisi di
identità; queste donne non si percepiscono più come ‘buone madri’ per la
prolungata lontananza dai propri figli, e per una crisi di identità relativa
alla loro nazionalità dovuta allo smembramento della terra d’origine. Questa
forma depressiva colpisce anche i bambini (che l’Unicef chiama “orfani bianchi”);
e questa è diventata un’emergenza sociale da quando alcuni bambini ancora in
fase pre-adolescenziale si sono tolti la vita per il peso insostenibile della
lontananza.
Silvia Dumitrache ha
lasciato Bucarest dieci anni fa ma è arrivata in Italia con suo figlio affetto
da talassemia e bisognoso di cure e di un clima migliore. Ha ricominciato tutto
da Milano, lasciandosi alle spalle la Romania e le sue tradizioni, fino a
quando non ha preso coscienza che le altre donne romene non avevano avuto la
sua fortuna, che tanti bambini, “orfani bianchi” soffrivano lontani dalle
madri, lasciati ai nonni o al padre, privati della figura materna, fondamentale
in tenera età.
“Tutto è iniziato nel
2010, - racconta Silvia Dumitrache - quando ho visto un documentario “A casa da
Soli” che metteva in luce proprio la drammatica situazione dei bambini romeni.
Così ho pensato cosa potevo fare io per il mio paese, per le mie genti. E' nato
il progetto “La mamma ti vuole bene!” (“Te iubeste mama!”), per cambiare la
vita degli oltre 500.000 minorenni della Romania che aspettano il ritorno a
casa dei genitori.
L'idea è semplice ma
rivoluzionaria al tempo stesso: i bambini possono andare in biblioteca e
parlare gratuitamente con i genitori via Skype. Alcuni fanno addirittura i
compiti “in diretta” con la mamma distante chilometri e chilometri. C'è da
dire, spiega Silvia, che in Romania le biblioteche offrono servizi
ludico-formativi per i bambini e quindi sono già frequentate da molti di loro”.
“Il progetto è partito
prima su Facebook, con l'aiuto di mia sorella e di un mio amico, adesso
possiamo contare su più di 8.600 sostenitori.
“Il mio sogno – spiega la presidente
dell'associazione – è quello di poter aiutare più persone possibili e per
questo sto cercando non solo di far aderire al progetto altre città italiane,
ma anche di creare una piattaforma online per consentire alle donne rumene di
collegarsi con facilità via internet e parlare con i loro bambini”.
Per maggiori
informazioni
Link a dumitrachesilviaLink a "teiubestemama"