L’Assistente familiare è una “professione” che tutti
conosciamo ma nel nostro immaginario e nel vocabolario dei media è una professione
che non esiste. Esiste solo la “badante”. Essa sorregge il sistema pubblico del
welfare per gli anziani, costituisce il lavoro per migliaia di donne migranti
ed è fondamentale per la vita di migliaia di famiglie italiane.
E’ una professione in bilico tra antiche sapienze e competenze delle donne e moderni sistemi di vita familiare. E’ una professione che richiede un impegno culturale, politico e che trova unite le donne migranti e italiane sul riconoscimento della centralità del lavoro di cura e domestico nell'organizzazione sociale ed economica della comunità.
E’ una professione in bilico tra antiche sapienze e competenze delle donne e moderni sistemi di vita familiare. E’ una professione che richiede un impegno culturale, politico e che trova unite le donne migranti e italiane sul riconoscimento della centralità del lavoro di cura e domestico nell'organizzazione sociale ed economica della comunità.
Le donne si muovono dalle campagne povere alle città e dalle
città dei paesi più poveri alle città dei paesi più ricchi per impiegarsi nel settore
della cura familiare, per sostituire o integrare il lavoro di cura svolto dalle
donne più ricche.
Si crea così un vuoto di cura nelle famiglie di origine,
tanto che in alcuni paesi c’è molto allarme per i nuovi bisogni delle famiglie
divise a causa della migrazione. Nei tempi di crisi economica come quello
attuale e di espulsione di manodopera da altri settori produttivi, molte donne italiane
ritornano al lavoro domestico e assistiamo a un loro notevole aumento di
richiesta di lavoro. La perdita di potere d’acquisto da parte delle famiglie ha
determinato l’arresto della crescita progressiva del lavoro domestico regolare.
Secondo i dati INPS nel biennio 2009/2011 i lavoratori domestici con regolare rapporto di lavoro sono diminuiti di oltre ottantamila. Questo dato fa pensare che il lavoro nero sia tornato ad aumentare. Secondo il recente rapporto di International Labour Organization i lavoratori domestici nelle case nel mondo sono circa 52 milioni e 600 mila, di cui l’83% donne. Circa un terzo di essi non ha una protezione legale sul posto di lavoro e il 45% non gode di riposi settimanali e/o ferie. L’Italia è tra i tre più grandi paesi in Europa con maggior numero di datori di lavoro domestico.. Il 22 gennaio 2013, il Governo italiano, primo in Europa, ha depositato presso l’ILO la ratifica della Convenzione sulle lavoratrici e i lavoratori domestici, l’obiettivo di questa norma è migliorare le condizioni di vita e di lavoro di decine di milioni di lavoratori domestici in tutto il mondo.
Molti dei principi contenuti nella Convenzione, in Italia sono già legge.
Secondo i dati INPS nel biennio 2009/2011 i lavoratori domestici con regolare rapporto di lavoro sono diminuiti di oltre ottantamila. Questo dato fa pensare che il lavoro nero sia tornato ad aumentare. Secondo il recente rapporto di International Labour Organization i lavoratori domestici nelle case nel mondo sono circa 52 milioni e 600 mila, di cui l’83% donne. Circa un terzo di essi non ha una protezione legale sul posto di lavoro e il 45% non gode di riposi settimanali e/o ferie. L’Italia è tra i tre più grandi paesi in Europa con maggior numero di datori di lavoro domestico.. Il 22 gennaio 2013, il Governo italiano, primo in Europa, ha depositato presso l’ILO la ratifica della Convenzione sulle lavoratrici e i lavoratori domestici, l’obiettivo di questa norma è migliorare le condizioni di vita e di lavoro di decine di milioni di lavoratori domestici in tutto il mondo.
Molti dei principi contenuti nella Convenzione, in Italia sono già legge.
Con la ratifica della Convenzione 189, l’Italia è al primo
posto nell'impegno globale contro lo sfruttamento, le disuguaglianze e la discriminazione
nei confronti di questa categoria vulnerabile. Il forte impegno dimostrato dal
nostro Paese può essere un sollecito esempio, in particolare per quei Paesi nei
quali il lavoro domestico è molto simile alla schiavitù.