Invitiamo alla lettura di questo articolo di Olga Turrini, pubblicato su Bene Comune, che offre una profonda analisi del concetto del prendersi cura, partendo proprio da una riflessione di Papa Francesco sul tema della cura:
Mentre
riflettevo sul tema della cura, mi è capitato tra le mani un racconto che avevo
strappato tempo fa da una rivista. Un tassista viene chiamato di notte in una
villetta. Sale una donna molto fragile e anziana, con una valigia. Gli dà un indirizzo, poi gli chiede di
passare dal centro. Il tassista obietta che non è la via più breve, ma lei
risponde che non ha fretta, perché sta andando alla casa di riposo. Non ha
famiglia e il dottore le ha detto che non le rimane molto tempo. Il tassista
spegne il tassametro e per due ore guida in giro per la città. Lei gli indica
luoghi dove ha vissuto, lavorato, luoghi che per lei hanno qualche significato.
Al primo raggio di sole arrivano a destinazione. Due infermieri l’accolgono con
gentilezza. Lei vuole pagare, ma il tassista non vuole nulla e l’abbraccia. Lei
dice: “Avevo proprio bisogno di un abbraccio!” Il racconto si conclude
così: “Dietro a me una porta si chiuse, era il suono di una vita conclusa.
Non accettai altri clienti in quel turno, e guidai senza meta per il resto del
giorno. Ad uno sguardo veloce, credo di non aver fatto niente di più importante
nella mia vita.”
Mi
ha colpito il racconto, perché pone il
tema della cura con una prospettiva diversa, in cui luoghi e care givers non sono
solo la casa di riposo e gli operatori, ma il taxi e il tassista. Forse oggi urge una riflessione ampia e
approfondita proprio su questo aspetto: il significato profondo del prendersi
cura, in tutti i luoghi e in tutte le fasi della vita, che vede protagonisti
tutti. Anche la donna anziana si è presa cura del tassista: gli ha regalato
nuove consapevolezze. Un bambino, un disabile, un immigrato, sono persone
destinatarie di cura, ma sono anche persone che possono “curare” in mille modi
la società malata. La società che oggi ha di fronte sfide difficili, che investono tutti gli
ambiti: il lavoro, le relazioni, la famiglia, l’educazione. Giuseppe Savagnone, nel suo libro “Educare
nel tempo della post-modernità” ne elenca
una lista, che fa comprendere quanto sia difficile oggi declinare il
tema della cura di fronte alle nuove forme di individualismo e soggettivismo
narcisistico, al trionfo dell’effimero, alle ambiguità del virtuale, alla
globalizzazione onnivora, ai localismi nazionalistici, alle nuove e pesanti
coordinate dell’economia della flessibilità e della precarietà. In questo senso la cura di tutte le fragilità
diventa una dimensione pervasiva, essenziale della società. Essa si intreccia
strettamente con la cura del pianeta. Nella’Enciclica Laudato sì Papa Francesco
parla di ecologia integrale, cioè ambientale, economica e sociale: “ogni lesione della solidarietà e
dell’amicizia civica provoca danni ambientali” e afferma che “oggi l’analisi dei problemi
ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari,
lavorativi, urbani e dalla relazione di ciascuna persona con se stessa, che
genera un determinato modo di relazionarsi con gli altri e con l’ambiente.” Nella
Evangelii gaudium Papa Francesco esplicita questo collegamento: “Piccoli ma
forti nell’amore di Dio, come san Francesco d’Assisi, tutti i cristiani siamo
chiamati a prenderci cura della fragilità del popolo e del mondo in cui
viviamo.”
Merita davvero una riflessione il modo in cui
nello stesso testo il Papa indica quattro
principi che dovrebbero, a mio giudizio, essere anche alla base del tema della
cura.
Il
primo è l’affermazione che “il tempo è
superiore allo spazio”. Ciò implica dare priorità ad iniziare processi, più che a possedere spazi. Significa
privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono
altre persone o gruppi che le porteranno avanti, fino a dare frutti. La
riflessione che dovremmo fare al riguardo è: in che modo tale affermazione si
può concretizzare nelle scelte associative che riguardano i servizi, le Acli-colf,
ecc.? Quali sono i processi da mettere in moto con una visione di lunga
scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati?
Il
secondo principio è l’affermazione che “l’unità
prevale sul conflitto”. Significa porsi di fronte al conflitto (che non va
negato ma accettato) senza rimanerne prigionieri, ma trasformandolo in un nuovo
processo. Significa diventare operatori di pace attraverso la pratica della
solidarietà, intesa come “stile di costruzione della storia, ambito vitale dove
i conflitti, le tensioni e gli opposti possono raggiungere una pluriforme unità
che genera nuova vita.” Anche qui, la riflessione che si pone è quella sulla
capacità di ognuno, ma anche dei soggetti collettivi di gestire il confronto
con le diverse opinioni. Le forme di barbarie cui assistiamo ormai
quotidianamente sui siti a tutti i livelli ci danno il segnale di quanto sia
urgente avviare pratiche ispirate a questo principio.
Il
terzo principio è “la realtà è più
importante dell’idea”. La realtà semplicemente è, l’idea si elabora. Tra le
due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l’idea finisca per
separarsi dalla realtà. Ciò pone in
evidenza l’importanza del pensiero, dello sviluppo di idee, che sempre cresce
nella dimensione collettiva e di confronto, mentre è ostacolata da personalismi
e inutili competizioni. Ma il pensiero e le idee debbono poi avere la capacità
di tradursi in proposte, progetti, azioni.
Il
quarto principio è “il tutto è superiore
alla parte”. Non si deve essere troppo ossessionati da questioni limitate e
particolari, ma allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che
porterà benefici a tutti. Si lavora nel piccolo, con ciò che è vicino, però con
una prospettiva più ampia. Anche questa è una importante lezione per il
contesto della cura, e del mondo variegato di chi eroga servizi, da quelli
educativi a quelli di welfare: il lavoro quotidiano è fatto di piccole grandi
cose, dal gesto del tassista al lavoro della badante. Ma occorre continuamente ripensare
le politiche, adeguandole non solo alle problematiche economiche, ma anche ai bisogni che mutano e alle prospettive che si stanno configurando, in modo da
prevenire forme di esclusione, marginalizzazione, discriminazione.