Le Acli da sempre rivolgono una grande attenzione al tema del lavoro di cura grazie all’impegno per la tutela e il sostegno della lavoratrici domestiche realizzato attraverso le Acli Colf.
Su BeneComune.net un apprpfondimento non solo sul lavoro di cura, ma anche e soprattutto sul
prendersi cura degli altri, delle loro fragilità – come ci ricorda Ivo
Lizzola – in ambito lavorativo, del welfare e nelle relazioni sociali e
personali in senso più ampio. Vogliamo allargare la prospettiva e
proporre una lettura culturale diversa di questo tema così importante.
(Il link all'approfondimento su Benecomune.net /Ed io avrò cura di te ... )
Prendiamo le mosse da una riflessione di Suor
Alessandra Smerilli – una delle relatrice del recente incontro nazionale
di studi delle Acli – proposta lo scorso 29 aprile, sulle pagine di
Avvenire, in occasione della festa del primo maggio (articolo che
trovate qui nella sezione in rete). “Lavoro e cura di sé e degli
altri sono due dimensioni coessenziali della vita e ci rendono più
umani. Un cambiamento così importante nel modo di intendere il lavoro e
la cura è uno di quei processi che richiedono proteste e conquiste
collettive. È un dono all’intera società che oggi può venire
principalmente e, forse, solamente da voci di donna. Sì, perché
tradizionalmente il ruolo della cura è stato attribuito alle donne, che
oggi, se vogliono lavorare, devono dividersi, a volte in maniera
estenuante e non sostenibile tra lavoro e attività di cura. Ma se la
cura è una dimensione essenziale dell’essere umano, e non si è
pienamente umani se non ci si prende cura degli altri (anche pulire una
stanza è prendersi cura di chi dovrà abitarla), allora tutti dovremmo
diventarne più consapevoli. Ritroveremo un nuovo
rapporto con il lavoro, se troveremo un nuovo rapporto con la cura,
uomini e donne insieme. E cura oggi significa anche prendersi cura dei
giovani che non trovano lavoro. Una mamma non può far festa se vede che
il proprio figlio non riesce a realizzare le sue potenzialità”.
In questa prospettiva abbiamo chiesto ad alcuni esperti di ragionare attorno ad alcune domande:
Quale posto viene dedicato al tema della cura nella nostra società che
papa Francesco definisce “società dello scarto”? Perché il ruolo della
cura viene affidato prevalentemente alle donne? La cura può diventare
una dimensione essenziale della nostra società? Come prendersi cura
degli
anziani, dei giovani che non trovano lavoro, dei bambini?
Iniziamo con Raffaella Maioni (Responsabile nazionale Acli Colf) che sottolinea come sia “importante
investire in termini di politiche di sostegno alle famiglie con azioni
mirate al riconoscimento culturale del lavoro di cura, nonché al
sostegno attraverso azioni e servizi, creando delle reti della cura.
Questo sarebbe utile per tutelare le lavoratrici e i lavoratori di
questo settore, ma anche per garantire una cura adeguata alle persone
assistite”.
Per Antonio Russo
(Segretario della presidenza nazionale Acli con delega alle Politiche
sociali e al welfare) che sofferma la sua attenzione sul tema della non
autosufficienza, vi è “l’esigenza di un sistema di welfare che
rispetti i diritti di tutti, dei lavoratori, degli assistiti e delle
loro famiglie. A tal fine si potrebbe prendere come modello proprio il
lavoro di cura, riconoscendolo, anche economicamente e
professionalmente, come un elemento fondamentale del futuro sistema
integrato di assistenza locale oltre che della qualità del processo di
personalizzazione delle politiche sociali”
Gianfranco Zucca (Ricercatore Iref) osserva che “le
badanti sanno che la parola cura perché assistere una persona con una
patologia cronico-degenerativa non significa solo supportare i bisogni
primari, quasi sempre bisogna farsi carico anche dei bisogni di
relazione: la parola può alleviare il dolore di una malattia dal decorso
segnato. Tuttavia la parola cura anche in un altro senso”.
Olga Turrini (Sociologa dell’Università di Trento) sottolinea “la
necessità di ripensare le politiche, adeguandole non solo alle
problematiche economiche, ma anche ai bisogni che mutano e alle
prospettive che si stanno configurando, in modo da prevenire forme di
esclusione, marginalizzazione, discriminazione”.
Monica Vacca (psicologa) indaga sulla dimensione psicologica della cura osservando come sia opportuno “farci
garanti e testimoni di queste scelte dando voce agli invisibili che a
caro prezzo scelgono di farsi responsabili e dire no alla società dello
scarto” mentre Luca Marcelli (Responsabile nazionale dell’Azione Cattolica dei Ragazzi) analizzare il tema nella prospettiva educativa sottolineando come “custodire
i piccoli e le figure educative che a vari livelli sono loro di
riferimento, è evidentemente un impegno essenziale che interpella la
responsabilità” di ognuno di noi.
Concludiamo con due interviste: la prima realizzata a Don Giovanni Nicolini (Assistente spirituale delle Acli nazionali) e la seconda ad Ivo Lizzola (Pedagogista dell’Università di Bergamo).