14 gennaio 2014

Colf e permesso a punti


L’assistente familiare di mia madre, di origine ucraina, mi ha chiesto di poter frequentare un corso di italiano per stranieri organizzato dalla Scuola Statale, che, dice, le servirà per ottenere dei crediti utili al rinnovo del permesso di soggiorno. Di che cosa si tratta? Come mi devo comportare?

In effetti, da marzo 2012, lo straniero che effettua il primo ingresso in Italia e presenta una richiesta di permesso di soggiorno superiore ad un anno, è sottoposto alla disciplina del c.d. “permesso a punti”.
Al momento del rilascio del primo permesso, lo straniero firma un "accordo di integrazione” con cui si impegna a conseguire, entro due anni, una conoscenza sufficiente dell’italiano, dei “principi fondamentali della Costituzione”, delle "istituzioni pubbliche” e “della vita civile in Italia”, in modo da dimostrare di aver raggiunto un grado sufficiente di integrazione nella comunità.
L’integrazione si misura, appunto, con dei punti (o crediti), associati alle conoscenze linguistiche, ai corsi frequentati e ai titoli di studio conseguiti, così come a determinati comportamenti, come ad esempio le attività imprenditoriali o di volontariato effettuate. I punti (o crediti) si perdono in caso di condanne penali anche non definitive, misure di sicurezza personali, illeciti amministrativi o tributari.
Alla scadenza dei due anni, per poter ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, lo straniero deve dimostrare di aver “accumulato” almeno 30 crediti: da trenta crediti in su, l’accordo si considera rispettato; da uno a ventinove si verrà “rimandati”, con l’impegno a raggiungere quota trenta, entro un anno; se i punti sono zero o meno si perderà il diritto di soggiornare in Italia.
Il nuovo art. 9 del Ccnl dei lavoratori domestici e familiari, entrato in vigore lo scorso 1/7/2013, ha previsto la possibilità di usufruire del monte ore annuo di 40 ore di permessi retribuiti per formazione professionale, anche “per le attività formative necessarie al rinnovo dei titoli di soggiorno”, in adempimento a tale normativa.
Il datore di lavoro, quindi, a determinate condizioni, deve riconoscere 40 ore annue di permessi retribuiti, per consentire alla lavoratrice di frequentare i corsi di formazione idonei a conseguire i crediti necessari.