5 febbraio 2014

Detrazioni per familiari all'estero

Dal sito delle ACLI un interessante approfondimento per le nostre e i nostri lettori:
(di Luca Napolitano - Link a Caf ACLI)

Sono un cittadino brasiliano che vive e lavora in Italia. Posso possibile godere delle detrazioni sui familiari a carico per le due figlie e la moglie  residenti in Brasile?.

Sì, a condizione che vi siano i requisiti per poter considerare a carico i familiari di chi richiede la detrazione, nel suo caso le figlie e la moglie.
Le detrazioni Irpef godute per i familiari a carico residenti all’estero sono state introdotte a partire dall’anno d’imposta 2007 dalla Legge Finanziaria 296/2006.
Il beneficio spetta non solo in relazione ai soggetti residenti in uno Stato membro dell’Unione Europea, o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo, ma anche ai residenti negli Stati extracomunitari inclusi nel Decreto del ministero delle Finanze del 4 settembre 1996, ivi compreso il Brasile (leggi la lista completa).
Condizione fondamentale per far sì che la detrazione venga applicata, è dimostrare che ciascun familiare per il quale la si richiede percepisca un reddito non superiore alla soglia annua di 2.840,51 euro, esattamente la stessa soglia prevista per la detrazione sui familiari a carico residenti in Italia.
Sulla base delle istruzioni del 730, possono essere considerati a carico, anche se non conviventi con il contribuente o residenti all’estero:
  • il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
  • i figli (compresi i figli naturali riconosciuti, adottivi, affidati o affiliati) indipendentemente dal superamento di determinati limiti di età e dal fatto che siano o meno dediti agli studi o al tirocinio gratuito. I figli, ai fini dell’attribuzione della detrazione, non rientrano mai nella categoria “altri familiari”.
Ora, nel caso dei cittadini extracomunitari, lo status di familiare a carico deve essere comprovato mediante:
  • documentazione originale prodotta dall’autorità consolare del Paese d’origine, con traduzione in lingua italiana e attestazione da parte del prefetto competente per territorio;
  • documentazione con apposizione della cosiddetta “apostille”, per i soggetti provenienti dai Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 (in pratica l’apostille costituisce una specifica annotazione sull’originale della documentazione, che ne certifica l’autenticità);
  • documentazione validamente formata dal Paese d’origine e tradotta in italiano ai sensi della normativa ivi vigente, attestata come conforme all’originale dal consolato italiano del Paese d’origine.

Per informazioni: www.caf.acli.it