11 dicembre 2013

Cambiamenti: aumenta il numero delle italiane

Cambiamenti/ Ora tra le colf aumenta il numero delle italiane

di Silvia Pagliuca 
Parlano un italiano sempre più chiaro e da qualche tempo hanno la consapevolezza di essere diventate (quasi) indispensabili. Perché il loro non è un lavoro per tutti. Sono badanti e colf, al tempo chiamate dame di compagnia e signore delle pulizie. C’erano una volta e ci sono ancora. Ma vestono panni nuovi, cuciti dalle altalene economiche e sociali di cui la loro categoria è in costante balia.
Secondo la Fondazione Leone Moressa, per la prima volta in tanti anni il settore ha subito una battuta d’arresto: -5,2% di lavoratori stranieri a fronte di un +3% di italiani. Causa della crisi che ha portato numerose famiglie a rinunciare all’aiuto domestico e tante donne, anche nostre connazionali, a rimettersi in discussione.
Molte di loro hanno perso il posto, altre hanno incominciato a lavorare per la prima volta quando il marito ha acquisito lo status di cassaintegrato. Altre, invece, sono ragazze giovani, giovanissime, che ancora prima di terminare le scuole hanno preso ad “andare a servizio dalle signore”, come lo chiamano le più riservate.
“Dopo anni di umiliazioni e privazioni, oggi sono ben coscienti di ciò che fanno e del perché sono così richieste – spiega Raffaella Maioni, presidente Acli Colf, che lo scorso 29 novembre ha organizzato un seminario sul lavoro domestico – Certo, la crisi ha portato a fare a meno delle donne delle pulizie, ma le badanti non conoscono flessioni: è l’emblema del deficit del welfare statale che ha lasciato il compito dell’assistenza domestica quasi interamente alle famiglie.”

E le famiglie, negli anni passati, sembravano non poter fare a meno di un aiuto esterno. Basti pensare che l’Inps ha conteggiato un salto da 270 a 881 mila lavoratrici regolarmente assunte in dieci anni, dal 2001 al 2011. Di queste, oggi, circa l’80% è di origine straniera, mentre le restanti 173mila sono italiane.
“Ho imparato a fare questo mestiere da mia madre e mia sorella che hanno una mini impresa di pulizie. Ma tra commercialista, Inail, Inps e avvocati vari, non arrivano neanche quasi a fine mese. Così io mi sono messa a lavorare in proprio, in nero ovviamente” – racconta Veronica (nome di fantasia), salernitana di vent’anni, a Milano da dodici.
Già, il nero. Il settore ne è stracolmo. E se le leggi con annesse sanatorie (tra cui l’ultima del 2012 per lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno), avevano provato ad arginare un po’ il fenomeno, con l’acuirsi della crisi è tornato a farsi sentire con tutta la sua forza. “Prima c’è stato un boom di regolarizzazioni, poi, negli ultimi tempi, i contratti regolari sono stati sempre meno o sono state dichiarate meno ore di lavoro a stipendi più bassi.
Bisognerebbe intervenire con nuove politiche del lavoro, di genere e di integrazione, detraendo totalmente il costo del lavoro per le famiglie, ad esempio”- aggiunge Maioni. Eppure, sembrano essere proprio le italiane ad accettare più di buon grado questa situazione: “Guadagnano un po’ di più nel breve periodo e ritengono quello della colf un impiego di passaggio, precario per definizione”.
Non tutte però la vedono in questo modo. C’è anche chi spera di specializzarsi in un lavoro nel quale inizialmente si è improvvisata. Per necessità, prima, e per passione poi, si potrebbe dire. E’ il caso di Marja (altro nome di fantasia), arrivata nell’entroterra toscano da un piccolo villaggio in provincia di Durazzo, Albania.
Da quando ha 17 anni assiste, notti comprese, un’anziana della quale adora i racconti al passato – “Mi fa ripensare alla mia terra, in cui si vive ancora così” – mentre nelle ore libere pulisce case, condomini e finanche cimiteri: “Prendo 6 o 7 euro all’ora, chiedere di più mi sembrerebbe ingiusto”.
Ma è adesso, che di anni ne ha 22, che si concede le migliori pause pranzo di sempre: “Studio! E sono felice, perché questo è il mio sogno! Ho l’ultimo esame del corso da O.S prima di Natale: io, in questo mestiere, voglio diventare una professionista!”
twitter@silviapagliuca